Si definisce digiuno intermittente (DI) (intermittent fasting) un periodo di astensione volontaria dal cibo e dalle bevande. Pur essendo una pratica di origini antiche, essa è attualmente utilizzata in vari contesti, per scopi diversi e secondo differenti varianti: troviamo dunque il DI a giorni alternati, il DI modificato, il DI 16:8 (16 ore di digiuno / 8 ore di introduzione di cibo o liquidi ad libitum) e le pratiche di digiuno a scopo religioso (es. Ramadan).

Il DI ultimamente va molto di moda come pratica dimagrante. Se lo scopo è il dimagrimento, il DI è equiparabile a qualsiasi altro regime ipocalorico: di fatto, avendo solo 8 ore utili per introdurre cibo (e verosimilmente 2 pasti principali a disposizione, al posto di 3 - spuntini esclusi), l’introito calorico giornaliero tende a ridursi, venendo a creare quel deficit calorico potenzialmente necessario allo scopo.
Apro e chiudo una parentesi su cui non mi stanco mai di ritornare. Ricordiamoci che qualunque schema dietetico volto al dimagrimento si basa su un deficit calorico. In caso di vita sedentaria e senza attività fisica si dovrà necessariamente “fare la fame”, in caso di vita più attiva e con attività fisica sarà possibile sfruttare il deficit calorico stimolato da stile di vita e sport per mangiare “il giusto” (senza essere per forza affamati) purché il tutto sia calibrato ai propri fabbisogni: ecco perché rivolgersi ad un professionista (biologo nutrizionista, medico dietologo, dietista) è fondamentale.
Il DI può alterare le risposte metaboliche nel corpo agendo come un potenziale stimolo di chetosi, stimolando le risposte metaboliche, ormonali ed infiammatorie, modulando la biogenesi mitocondriale e la composizione corporea. Dell’importanza dei mitocondri abbiamo parlato qui. La chetosi è invece un meccanismo messo in atto dall’organismo per equilibrare i livelli di glucosio durante una “crisi metabolica” dovuta a ridotte calorie o glucosio, situazioni di digiuno ed esercizio prolungato: l’unica fonte di energia per il sistema nervoso e per il corpo in queste situazioni sono i corpi chetonici (CC). Una dieta chetogenica ha proprio lo scopo di innalzare livelli di chetoni nel corpo e può essere compromessa con estrema facilità da uno squilibrio nell’introito di carboidrati così come da un eccessivo consumo proteico.
La restrizione calorica per più di 12 o 16 ore tipica del DI porta ad uno switch metabolico che induce il corpo a preferire come substrato i grassi rispetto ai carboidrati. Queste modifiche simili alla chetosi possono indurre una migliore ossidazione dei grassi e preservare la struttura e la funzione muscolare. L’effetto del DI a livello delle cellule muscolari è infatti simile a quello procurato dall’esercizio aerobico.
Ma quanto può influire il DI sulla pratica sportiva e sullo stato di forma degli atleti?
Gli studi sugli effetti del DI su performance e VO2max sono discordanti. Alcuni autori dimostrano come un DI 16:8 sia in grado di provocare una riduzione nel peso corporeo e nella massa grassa, con un incremento di potenza aerobica nonostante un effetto quasi nullo a livello di VO2max e performance. Al contrario, altri studi mostrano un decremento nella performance in atleti di pratiche endurance alimentati secondo schemi di DI, con un’efficienza inferiore sia sulle medie sia sulle lunghe distanze. I dati di letteratura al momento presenti riguardo alle diete ispirate al DI non permettono dunque di trarre conclusioni del tutto positive su un eventuale miglioramento delle performance atletiche indotto da tali pratiche.
Quanto agli aspetti negativi del DI, essi sono principalmente riferiti al rischio di ridurre la capacità di sostenere una prova sportiva, ad un’aumentata percezione di fatica, a potenziali alterazioni nel ritmo sonno-veglia (riduzione del sonno profondo e della fase REM) e a disidratazione. Indubbiamente un DI a giorni alternati ha un effetto negativo sulla performance sportiva poiché causa deplezione di glicogeno, ipertermia e severa disidratazione, ma uno schema ispirato al DI modificato o al DI 16:8 può in parte prevenire gli effetti deleteri a livello di performance purché sia effettuato in accordo con la programmazione atletica e sotto il controllo di un professionista. Le alterazioni nel ritmo sonno-veglia non devono essere sottovalutate: è noto che una corretta igiene del sonno è fondamentale nella preparazione atletica perché consente il recupero muscolare ed il ripristino dei meccanismi ormonali, anti-infiammatori ed immunitari. Dunque, un ritmo-sonno veglia alterato può tradursi in affaticamento generale, astenia e difficoltà cognitive: non dobbiamo dimenticare infatti quanto sia importante per un atleta mantenere un tono dell’umore adeguato e pronto a far fronte a qualunque imprevisto o situazione di gara.
Così come il sonno, anche l’idratazione è un aspetto fondamentale della preparazione atletica: il DI, soprattutto quello a scopo, può provocare disidratazione prima, durante e dopo la prova atletica andando dunque ad impattare negativamente la performance.
Concludendo, il DI è difficilmente somministrabile in cronico alla popolazione sportiva: tuttavia, esso può rappresentare una strategia di recupero e stimolo in particolari condizioni e per brevi periodi (es. necessità di stimolare la perdita di massa grassa, giornate di scarico post cheating, miglioramento del profilo metabolico). Un buon compromesso per utilizzare il DI come approccio nutrizionale potrebbe essere quello di attuarlo in un periodo di allenamento più blando senza dimenticare l’importanza della compliance. La programmazione nutrizionale eseguita da un professionista evita infatti che nelle ore di fasting (quindi le ore in cui si possono introdurre cibi e liquidi) si ecceda l’apporto calorico richiesto dall’atleta in quel particolare momento: mai dimenticare la qualità (e la quantità) degli alimenti che fanno parte della nostra dieta.
Bibliografia
Devrim-Lanpir A, Hill L. et al. “Efficacy of popular diets applied by endurance athletes on sports performance: beneficial or detrimental? A narrative review” Nutrients 2021, 13, 491
Scritto da
Elena Araldi
Biologa Nutrizionista da Milano
Club: A.S.D. Pfizer Italia Running Team
Allenatore: Julia Jones