Esistono situazioni che possono mettere a rischio la salute degli atleti, prima ancora di impattare la performance: cosa ci dicono gli studi?

Nel 2020 è stata pubblicata sull’International Journal of Environmental Research and Public Health una review interessante che ha raccolto i risultati di lavori pubblicati dal 2008 al 2019, selezionando i 33 più rilevanti sul tema degli eventi avversi correlati alle problematiche nutrizionali e comportamentali durante la pratica sportiva: la percentuale di incidenza sul totale di 23344 atleti analizzati assegna un ruolo rilevante disidratazione, l’iponatremia e il colpo di calore.

La disidratazione è causata da un ridotto introito di liquidi o da una perdita eccessiva degli stessi tramite la sudorazione. L’iponatremia è una forte riduzione della concentrazione di sodio nel plasma, causata da uno squilibrio di fluidi ed elettroliti per eccessiva idratazione o reintegro con bevande ipotoniche.

Abbiamo già visto quanto sia importante mantenere una corretta idratazione durante la giornata, ancor di più quando ci alleniamo e temperatura atmosferica ed umidità aumentano. Alcune condizioni climatiche (es. temperature elevate) pongono gli atleti a più alto rischio di disidratazione e con essa aumenta anche l’incidenza dell’iponatremia: la durata della performance è discriminante in questo contesto. Inoltre, ad alte temperature si ha una perdita di sodio maggiore col sudore e questo provoca sete intensa: ecco perché essa è uno dei maggiori strumenti di diagnosi per la disidratazione innanzitutto, e per l’iponatremia come conseguenza. L’iponatremia è stata spesso descritta nei maratoneti ed in atleti di altre discipline come gare di corsa di 160km, 24 ore in pista, Ironman e nuoto in acque libere. Una diagnosi tempestiva è di cruciale importanza, anche e soprattutto se siamo (come me) semplici amatori che si divertono dando sfogo alla propria passione.


I sintomi più comuni di iponatremia sono non specifici e possono essere confusi con altre alterazioni: colpo di calore, disturbi gastrointestinali, ipoglicemia, confusione, stanchezza eccessiva, nausea. Per questo bisogna prestare molta attenzione quando introduciamo eccessive quantità di liquidi, ad esempio quando è presente una sensazione di sete intensa: essa è ovviamente riconducibile alla disidratazione, che può manifestarsi sia per un deficit nell’introito di liquidi durante la performance ma anche qualora l’atleta arrivi al momento della prestazione non correttamente idratato - cosa che accade non di rado. Quanto all’iponatremia, i fattori di rischio più comuni sono il sesso (le donne tendono ad esserne più colpite), il consumo di alcol, l’eccesso di liquidi introdotti durante l’attività, l’aumento di peso durante la prestazione (di natura edematosa e soprattutto a livello degli arti inferiori), il basso peso corporeo e l’inesperienza. Poiché il fabbisogno idrico degli atleti differisce in base alle caratteristiche individuali e al tipo ed intensità della prova fisica, è fondamentale una strategia di reintegro disegnata ad personam. L’American College of Sports Medicine consiglia un introito di liquidi durante l’attività sportiva che limiti la perdita di peso a non oltre il 2%, ma spesso e volentieri soprattutto in gare lunghe la perdita di peso arriva anche a valori più elevati proprio perché l’atleta arriva già disidratato alla prestazione. A maggior ragione dunque un approccio disegnato sul singolo atleta può essere l’unico realmente efficace a prevenire le problematiche relative alla corretta gestione dell’apporto di liquidi durante la performance.

Il colpo di calore è invece causato da uno squilibrio nella termoregolazione. L’energia termica provocata dalla meccanica del lavoro muscolare innalza la temperatura corporea e quando la temperatura esterna è elevata (o l’ambiente molto umido) la cute ha difficoltà a dissipare calore: questo causa ipertermia. I sintomi di ipertermia sono aggressività ed irritabilità, confusione, convulsioni, alterazioni nello stato di coscienza fino ad arrivare al collasso: alle prime avvisaglie l’atleta dovrebbe ridurre il passo di gara in modo da poter gestire prontamente la situazione ma non tutti sono purtroppo in grado di riconoscere la sintomatologia in tempo utile. E’ interessante a questo proposito il racconto di Scott Jurek, uno dei più grandi ultramaratoneti viventi, il quale durante la sua prima Badwater Ultramarathon (una ultramaratona di 217km che si svolge nella Death Valley, USA) si sottopose periodicamente a bagni gelati in una vasca contenente ghiaccio per ripristinare una temperatura corporea ottimale. L’incidenza del colpo di calore è infatti maggiore in maratone ed ultramaratone. Una buona strategia preventiva è senza dubbio quella di fornire all’atleta un tempo di acclimatazione sufficiente prima della prestazione ed un’adeguata preparazione prima della competizione.

La disidratazione è un fenomeno relativamente frequente in ambito sia amatoriale sia professionistico. Iponatremia e colpo di calore sono eventi più rari ma che è giusto conoscere perché, come sempre, la conoscenza di qualcosa ci dà gli strumenti per gestirla nel modo più corretto. Tutto questo resta valido fermo restando che ognuno di noi è un individuo a se stante, con percezioni giustamente soggettive di se stesso/a e dello sforzo fisico praticato ed in continuo divenire: è questa la chiave di lavoro ed interpretazione da non dimenticare mai nella gestione della prestazione, dall’allenamento alla gare.

Per approfondimenti:

Scritto da
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Elena Araldi

Biologa Nutrizionista da Milano


Club: A.S.D. Pfizer Italia Running Team
Allenatore: Julia Jones

La mia disciplina
Training funzionale Allenamento potenziativo 10 km Mezza Maratona Maratona Fitness
Ultra maratona Ultra trail run

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